Antonio De Lisa- L’altra faccia del genio

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Antonio De Lisa- L’altra faccia del genio

Personaggi e interpreti:

Uno (Donato Santarsiero)
Due (Doriana De Nicola)
Tre (Carmen Monaco)
Quattro ( Giuseppe Rosa Brusin)
Cinque (Antonio Tirotta)
Sei (Federica D’Andrea)
Sette (Domenico Santarsiero)

Otto ( Marica Coviello)
Nove (Letizia Loguercio)
Dieci (Chiara Massariello)
Undici (Grazia Ciro)
Dodici (Giusi La Regina)
Tredici (Alberto Romaniello)
Quattordici (Vincenzo Pietrapertosa)
Quindici (Vincenzo Gliubizzi)

Primo intervento di Galileo Galilei (Maria Domenica Zotta)
Secondo intervento di Galileo Galilei (Pasquale Salvatore)
Terzo intervento di Galileo Galilei (Maria Domenica Zotta)
Quarto intervento di Galileo Galilei (Pasquale Salvatore)
Quinto intervento di Galileo Galilei (Pasquale Salvatore)

Vincenzo Galilei (Emanuele Libutti)
Michelangelo Galilei (Nicola Vista)
Virginia Galilei – Suor Maria Celeste  (Mirella Mazzone)

Musicisti
Claudia Montanaro (Pf)
Gianmarco Palazzo (Chit)
Jacopo Colangelo (Basso)
Emanuele Libutti (V.cello)
Aldo Micciarone  (Chit.)
Damiano Daniele Martella (Organetto)
Marianna Dragonetti (Pf)
Valerio Guerra (Batt)

Danzatrici

Melissa Nolè
Carmela Santarsiero
Monica Eleuteri

Uno (Donato Santarsiero)– La storia che stiamo per raccontarvi è quella di una famiglia, ma a pensarci bene anche quella di un genio; forse possiamo dire allora che è la storia della famiglia di un genio. Ma si sa, i geni non si trovano dietro un angolo. Sono rari. E qualche volta bisogna loro perdonare qualche debolezza.

Due (Doriana De Nicola)– Galileo Galilei vive nell’ultimo periodo del Manierismo e nel primo periodo barocco, dal 1564 al 1642. Il Manierismo  subisce dei forti contraccolpi con la fine del Concilio di Trento nel 1563. Il gusto manierista, sempre più raffinato, autoreferenziale e decorativo, si consumerà in imprese di estremo virtuosismo, ma private e chiuse in se stesse.

Uno (Donato Santarsiero)– Ma è giunto il momento di presentare la famiglia Galilei, come a dire: l’altra faccia del genio.

Tre (Carmen Monaco)– Vincenzo, il padre di Galileo, era un liutista, compositore e teorico di musica molto noto ai suoi tempi. Attraverso veri e propri esperimenti il musicista toscano riuscì a dimostrare come la diversità delle caratteristiche fisiche possa produrre risultati acustici diversi. Questo ricorso all’esperienza come verifica dell’incontro tra matematica e fisica fa di Vincenzo Galilei il primo maestro del figlio maggiore, il quale ereditò dal padre, oltre all’approccio metodologico, anche la forza polemica e la fine ironia. Vincenzo metteva  sullo stesso piano la musica vocale e quella strumentale, dato che nell’arte sono importanti solo le emozioni che si riescono a trasmettere.

Vincenzo Galilei (Emanuele Libutti)– Non ammireremmo noi un musico, il quale cantando e rappresentandoci le querele e le passioni d’un amante ci muovesse a compassionarlo, molto più che se piangendo ciò facesse? … E molto più lo ammireremmo, se tacendo, col solo strumento, con crudezze et accenti patetici musicali, ciò facesse…

Suona un pezzo strumentale

Due (Doriana De Nicola)– Galileo (nato il 15 febbraio 1564 a Pisa),  era il primogenito dei sette figli di Vincenzo Galilei e di Giulia Ammannati. Gli Ammannati, originari del territorio di Pistoia e di Pescia, vantavano importanti origini; Vincenzo Galilei invece apparteneva ad una più umile casata, per quanto i suoi antenati facessero parte della buona borghesia fiorentina. Vincenzo era nato a Santa Maria a Monte nel 1520, quando ormai la sua famiglia era decaduta ed egli, musicista di valore, dovette trasferirsi a Pisa unendo all’esercizio dell’arte della musica, per necessità di maggiori guadagni, la professione del commercio.

Quattro ( Giuseppe Rosa Brusin)– La famiglia di Vincenzo e di Giulia, contava oltre Galileo: Michelangelo, che fu musicista presso il granduca di Baviera, e Benedetto, morto in fasce, e tre sorelle, Virginia, Anna e Livia e forse anche una quarta di nome Lena.

Uno (Donato Santarsiero)– La figlia Virginia nelle sue lettere al padre dal convento dà segno di possedere un’anima sensibile e non manca di lamentarsi dell’affievolirsi dell’amore paterno. Ecco cosa gli scrive in una lettera del 1628:

Virginia Galilei (Mirella Mazzone)–  Amatissimo Signor Padre.
Credo veramente che l’amore paterno inverso dei figli possa in parte diminuirsi, mediante i mali costumi e portamenti loro; e questa mia credenza vien confermata da qualche indizio che me ne dà V. S. parendomi che più presto vadia in qualche parte scemando quel cordiale affetto che per l’addietro ha inverso di noi dimostrato; poiché sta tre mesi per volta senza venire a visitarne, che a noi paion tre anni, ed anco da un pezzo in qua, mentre però si ritrova con sanità, non mi scrive mai mai un verso …

Due (Doriana De Nicola)– Virginia si sente trascurata …

Virginia Galilei (Mirella Mazzone)- Ho fatta buona esamina per conoscer se dalla banda mia ci fossi caduto qualche errore che meritassi questo castigo, ed uno ne ritrovo (ancorché involontario) e questo è una trascuraggine o spensieritaggine ch’io dimostro verso di lei, mentre non ho quella sollecitudine che richiederebbe l’obbligo mio di visitarla e salutarla più spesso con qualche mia lettera; onde questo mio mancamento, accompagnato da molti demeriti che per altro ci sono, è bastante a somministrarmi il timore sopra accennatoli. Sebbene, appresso di me, non a difetto può attribuirsi, ma piuttosto a debolezza di forze, mentre che la mia continua indisposizione m’impedisce il poter esercitarmi in cosa alcuna; e già più d’un mese ho travagliato con dolori di testa tanto eccessivi che né giorno né notte trovavo riposo.

Due (Doriana De Nicola)– … una unga lamentazione …

Virginia Galilei (Mirella Mazzone)-  Adesso che, per grazia del Signore, sono mitigati, ho subito presa la penna per scriverle questa lunga lamentazione, che, per essere di carnevale può piuttosto dirsi una burla. Basta insomma che V. S. si ricordi che desideriamo di rivederla, quando il tempo lo permetterà; intanto gli mando alcune poche confezioni che mi sono state donate. Saranno alquanto indurite, avendole io serbate parecchi giorni con speranza di dargliele alla presenza. I berlingozzi sono per l’Anna Maria e i suoi fratellini. Gli mando una lettera per Vincenzio, acciò questa gli riduca in memoria che siamo al mondo, perché dubito ch’egli non se lo sia scordato, poiché non ci scrive mai un verso. Salutiamo per fine V. S. e la zia di tutto cuore, e da nostro Signore gli prego vero contento.

Cinque (Antonio Tirotta)– Un aspetto curioso della poliedrica personalità di Galileo, che non molti conoscono, è quello di poeta. Come poeta Galileo ha scritto nove testi: sei sonetti, due canzoni e un capitolo in terza rima di circa trecento versi intitolato Capitolo contro il portar la toga.

Sei (Federica D’Andrea)– Figure come Bruno, Campanella, Galileo sono lontanissime dal tipo del letterato puro: contaminano le parole con le cose, mescolano poesia e filosofia, retorica e scienza, mettono in gioco, con le loro opere, la loro stessa vita. Sono a lungo apparsi, specie i primi due, isolati rispetto alla tradizione letteraria italiana.

Cinque (Antonio Tirotta)- E infatti hanno pubblicato le loro opere fuori d’ Italia, a Parigi, a Londra, in Germania, anche opere scritte in italiano, in un’ Europa in cui l’ italiano era lingua di cultura.

Sei (Federica D’Andrea)– Se i cinque sonetti, composti prima del 1589, rappresentano un giovanile omaggio alla tradizione letteraria, in particolare quella petrarchesca, il Capitolo contro ‘l portar la toga, composto quando era già professore a Pisa, manifesta lo spregiudicato rifiuto di un costume accademico di vuoto formalismo, espresso secondo i moduli giocosi della tradizione satirica toscana.

Uno (Donato Santarsiero)- Ma sentiamo il sonetto di Galileo:

Primo intervento di Galileo Galilei (Maria Domenica Zotta)

L’ENIMMA, O SONETTO ENIGMATICO

Ad Antonio Malatesti

Mostro son’io più strano e più diforme
Che l’Arpía, la Sirena o la Chimera;
Nè in terra, in aria, in acqua è alcuna fiera,
Ch’abbia di membra così varie forme;

Parte a parte non ho che sia conforme,
Più che s’una sia bianca e l’altra nera;
Spesso di cacciator dietro ho una schiera,
Che de’ miei piè van rintracciando l’orme.

Nelle tenebre oscure è il mio soggiorno,
Che se dall’ombre al chiaro lume passo,
Tosto l’alma da me sen fugge, come

Sen fugge il sogno all’apparir del giorno,
E le mie membra disunite lasso,
E l’esser perdo con la vita, e il nome.

Sette (Domenico Santarsiero)– Tornando alle vicende di famiglia, cosa sapete dirmi del fratello minore di Galileo, Michelangelo?

Otto ( Marica Coviello)– Il rapporto con suo fratello  divenne per Galileo particolarmente difficile nei suoi ultimi anni. Molte delle lettere tra i due sono state conservate; Michelagnolo incessantemente aveva implorato il fratello maggiore di prestargli denaro, per aiutarlo con i suoi bambini difficili.

Uno (Donato Santarsiero)– Ci è stata conservata una lettera di Galileo, che testimonia il non facile rapporto col fratello:

Secondo intervento di Galileo Galilei (Pasquale Salvatore)– Ho ricevuto la vostra gratissima, et bene che quello che mi havete scrit[to] sia stato tutto lamentevole, pure mi son rallegrato in veder che non mi disprezzate tanto quanto mi andavo inmaginando… Voi dite che ho speso una gran somma di denari in un desinare: questo non vi nego; ma considerate che questo desinare fu alle mie nozze, dove non si poteva far di manco, perché ebbi da 80 persone, tra le quali ci erano molti signori d’inportanza et inbasciadori di 4 principi et volendo far a l’usanza di questo paese, et per non rimaner in vergogna, fui forzato a fare quello che di manco era inpossibile… So che direte che dovevo lasciar star di tor moglie, et considerare alle nostre sorelle. Dio mio benedetto, stentar tutto il tempo della mia vita per avanzar quattro soldi per darli poi alle sorelle!… Più a lungo non mi estenderò: vi pregherò bene che mi vogliate tener per vostro buon fratello, et siate sicuro che con ogni mio potere vederò di darvi qualche sollevamento, poi che per mia colpa dite di trovarvi in tante angustie. Scusatemi, ché quello che non ò fatto, è mancato da non haver il modo.

Nove (Letizia Loguercio)– Triste vicenda, quella di Michelangelo. Vittima di una debolezza psicofisica e caratteriale, Michelangelo si era abbandonato al vizio del bere, del quale egli stesso si mortificava col fratello nell’aprile del 1628:

Michelangelo Galilei (Nicola Vista)– Io sono in bisogno non piccolo, et ò spesa pur gagliarda alle spalle, rovinandomi col vino, e pur non posso far senza.

Dieci (Chiara Massariello)– La vita dell’inconcludente, eppure amato, fratello si concluse nel gennaio del 1631 “avanti a le feste dell’Epifania”. A Galileo rimase in eredità la preoccupazione per il sostentamento della vedova, Anna Chiara Bandinelli, e dei nipoti, che nel frattempo erano tornati a vivere in Germania.

Undici (Grazia Ciro)– Michelangelo, tuttavia, era dotato di un reale talento. Oltre a essere musicista, pubblicò anche un’opera dal titolo Primo libro d’intavolatura di liuto (Monaco, 1620).

Due (Doriana De Nicola)– Le donne di casa Galilei …

Dodici (Giusi La Regina) – La madre di Galileo, Giulia degli Ammannati, come abbiamo visto, apparteneva ad una famiglia di setaioli; quello che possiamo aggiungere è che sembra che fosse  una donna prepotente e intrigante. Galileo fu spesso in disaccordo con la madre, ma ereditò probabilmente da lei la verve polemica che troviamo nei suoi scritti. Negli anni di Padova, Galilei convisse con Marina di Andrea Gamba dalla quale nacquero i tre figli Virginia, Livia e Vincenzo. Quando ritornò in Toscana, Galileo abbandonò Marina con il figlio, mentre si portò con sé le due figlie che mise in convento. Galilei rimase, comunque, in buoni rapporti con Marina anche dopo il suo matrimonio con Giovanni Bartoluzzi.

Uno (Donato Santarsiero)– Furono difficili anche i rapporti con la sorella minore Livia.

Due (Doriana De Nicola)– Livia, che era la sorella più piccola di Galileo, passò gli anni dell’adolescenza fra le suore domenicane del convento di San Giuliano a Firenze, dove attendeva che i fratelli mettessero insieme una dote per permetterle di sposarsi. La situazione economica era tale per cui Galileo nel 1600 preferì consigliare alla madre di non affrettarsi a maritare la figlia: non sarebbe stato in grado di sostenere un altro debito oltre a quello che stava pagando per la dote della sorella maggiore Virginia (1573-1623), anche perché il fratello Michelangelo (1575-1631), da poco ripartito per la Polonia in cerca di un buon impiego come suonatore di liuto, non avrebbe potuto contribuire per un po’ di tempo.

Tredici (Alberto Romaniello)– Nonostante quest’appello,  passò solamente un anno e Livia contrasse matrimonio con Taddeo Galletti. Michelangelo si impegnò da Vilnius a pagare la dote insieme al fratello maggiore, senza mantenere però la promessa. La situazione divenne insostenibile quando il neocognato di Galileo decise di intentare causa allo scienziato. La controversia piegò a favore di Galileo nel maggio del 1605: il Magistrato Supremo di Firenze intimò a Galletti “di desistere da ogni molestia contro Mess. Galileo di Vinc.o Galilei”, e invitò i due contendenti a “sperimentare le proprie ragioni” davanti a un tribunale toscano, sotto la cui giurisdizione ricadevano entrambi. L’intervento della magistratura fiorentina fu determinante. Poco tempo dopo, l’11 giugno 1605, in una lettera a Niccolò Giugni, Galileo si potè rallegrare del fatto che la lite con il cognato fosse terminata.

Quattordici (Vincenzo Pietrapertosa)– I rapporti col Galletti non dovettero essere troppo buoni neppure in seguito. In una lettera del 1621 Giovanni Ciampoli (1589-1643) scrisse allo scienziato: “Ho poi con mio dispiacere inteso la penosa heredità lasciatale da suo cognato [Taddeo Galletti]: frutti di amaritudine, che raccolgono sempre tutti i galanthuomini da i lor parenti”. Anche se non è chiaro di cosa si tratti, si capisce comunque come le tensioni con la famiglia della sorella minore non si fossero esaurite con la controversia del 1605.

Quindici (Vincenzo Gliubizzi)– Come possiamo vedere, a colui che avrebbe cambiato il corso del pensiero, non furono risparmiate amarezze di tutti i generi, familiari e sociali.

Due (Doriana De Nicola)– L’altra faccia del genio. Ma torniamo al Galileo poeta, sembra che il suo forziere sia ben colmo …

Terzo intervento di Galileo Galilei (Maria Domenica Zotta)

MENTRE RIDEA NEL TREMULO E VIVACE

Dice come il suo Amore di picciol fuoco divampasse in fiamma vorace.

Mentre ridea nel tremulo e vivace
Lume degli occhi leggiadretti Amore,
Picciola in noi movea dallo splendore
Fiamma, qual uscir suoi di lenta face.

Or che il pianto l’ingombra, di verace
Foco sent’io venir l’incendio al core.
Oh di strania virtude alto valore,
Dalle lagrime trar fiamma vorace!

Tale arde il Sol mentre i possenti rai
Frange per entro una fredda acqua pura,
Che tra l’esca risplenda e il chiaro lume.

Oh cagion prima de’ miei dolci guai,
Luci, cui rimirar fu mia ventura,
Questo è vostro e del Sol proprio costume!

Uno (Donato Santarsiero)– Le sventure familiari però non accennano a diminuire …

Due (Doriana De Nicola)– Soprattutto la morte di Virginia. La sua morte fu per Galileo un durissimo colpo. Lui stesso così scrisse di lei:

Quarto intervento di Galileo Galilei (Pasquale Salvatore)– [Virgina era] donna di esquisito ingegno, singolar bontà et a me affezzionatissima. […] in sei giorni si morì, essendo di età di trentatrè anni, lasciando me in una estrema afflizzione.

Uno (Donato Santarsiero)– Di salute spesso cagionevole, Suor Maria Celeste morì pochi mesi dopo il ritorno di Galilei ad Arcetri nel 1634.

Due (Doriana De Nicola)– Sono gli anni del Processo a Galilei …

Uno (Donato Santarsiero)– Il processo a Galileo Galilei iniziò a Roma il 12 aprile 1633 e si concluse il 22 giugno 1633 con la condanna per eresia e con l’abiura forzata delle sue concezioni astronomiche. Sono anni terribili …

Due (Doriana De Nicola)– Terribili sono le accuse nel processo a Galilei, ma questa è un’altra storia, raccontata mille molte. Qui abbiamo voluto parlare del Galileo privato, costretto dalle difficoltà della vita a districarsi tra mille problemi familiari. Abbiamo conosciuto l’altra faccia del genio.

Uno (Donato Santarsiero)– Le accuse sono state inghiottite dal tempo, le tribolazioni familiari dimenticate, ma non le seguenti parole, scritte ne Il Saggiatore, con cui ci congediamo:

Quinto intervento di Galileo Galilei (Pasquale Salvatore)– La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.


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