Il Bema nel mondo bizantino

BEMA

Il termine deriva dal gr. βῆμα, che nel mondo classico definiva sia una unità di misura (il passo) sia, per traslato, un luogo sopraelevato nel tribunale, dal quale prendevano la parola gli oratori della difesa e dell’accusa. Il secondo di questi significati sembra trasferirsi nella liturgia cristiana dei primi secoli, in particolare, se non quasi esclusivamente, nell’area orientale del Mediterraneo, per definire il luogo dal quale l’officiante prendeva la parola durante la celebrazione, per la proclamazione delle letture o semplicemente per rivolgersi ai fedeli. Nelle Sacre Scritture il termine appare ancora connesso con il tribunal civile (At. 12, 21), ma anche con il concetto del Giudizio finale (2 Cor. 5, 10). Nelle Costituzioni apostoliche (VIII, 11, 10), la parola definisce, insieme ad altre di significato più generale, appunto una struttura, forse sopraelevata, entro la quale si pone il celebrante al momento della lettura o della predicazione.Accanto a questo, che sembra il significato liturgico più antico e che risulta in evidente connessione con il concetto di ambone, il termine b. finì per identificare nella Chiesa orientale, in senso più generale, tutta la zona dell’edificio di culto riservata al clero – quella cioè che ospitava l’altare, la cattedra episcopale e i sedili per i concelebranti (sýnthronoi) – finendo per comprendere e riassumere i concetti paralleli di hieréion o hieratéion e di presbyterium, il secondo dei quali trovò invece grande fortuna nella Chiesa occidentale. In questo senso il b. assunse presto la forma di una bassa recinzione che separava l’abside e la zona immediatamente antistante dal resto della chiesa. Realizzata per lo più in materiali lapidei, tale recinzione prevedeva quasi sempre anche la presenza di una trabeazione su colonnette o pilastrini, che offriva l’opportunità di chiudere con tende lo spazio del b. per impedirne la visione diretta da parte dei fedeli in occasione di momenti particolari della celebrazione liturgica. Nella sua parte frontale, in posizione mediana oppure decentrata, la recinzione presbiteriale prevedeva un’apertura attraverso la quale, camminando su di una sorta di passaggio leggermente sopraelevato (solea), il celebrante, al momento della lettura delle Sacre Scritture, poteva raggiungere l’ambone, che spesso si proiettava nella navata.All’interno di questo schema generale, che si mantiene costante, nei secc. 5° e 6° il b. presenta un certo numero di varianti strutturali a carattere regionale: nell’area greca assume per lo più la forma di una recinzione rettangolare aggettante all’interno della navata mediana (basilica B di Filippi, basilica Aphentelli di Lesbo, S. Demetrio e basilica Acheiropoietos di Salonicco, basilica di Taso), mentre in ambito insulare è ridotto a un semplice diaframma posto a chiudere il profondo aggetto dell’abside (Katapolyani di Paros, S. Tito di Gortyna, a Creta). Nell’area siro-palestinese, come testimoniano le chiese di Gerasa, la recinzione è di nuovo fortemente aggettante e le lastre chiudono spesso gli intercolumni, isolando di fatto una porzione significativa della navata centrale, mentre la solea appare costantemente spostata sul lato destro della fronte.Presente, nelle numerose varianti, in tutte o quasi le chiese di epoca paleo o protobizantina, il b. nella sua entità fisica e liturgica finì per scomparire quasi del tutto in epoca mediobizantina a causa dei profondi mutamenti intervenuti nella liturgia, dell’introduzione di nuove tipologie architettoniche (chiese con pianta a croce greca inscritta) e dell’affermarsi definitivo dell’uso dell’iconostasi. Il termine b. continuò a sussistere nel vocabolario della Chiesa bizantina e ortodossa, finendo però per indicare genericamente lo spazio, invisibile ai fedeli, posto al di là dell’iconostasi.Tra le diverse varianti regionali assunte dal b. nella Chiesa cristiana orientale merita di essere specialmente ricordata quella entrata in uso nelle chiese dell’area siriaca nel 5° e 6° secolo. Con i termini equivalenti di b. siriaco o ambone siriaco si definisce una recinzione posta all’interno della navata centrale nella quale essa si espande profondamente fino a circoscrivere uno spazio assai ampio, come si può vedere, per es., nella basilica A di Rusāfa e nella basilica di Qalb-Lōze, in Siria. Caratteristica di questa struttura è la presenza sul lato frontale di una terminazione semicircolare, contrapposta alla conca absidale, nella quale trovavano posto la cattedra episcopale e i sýnthronoi – che nelle altre regioni sono normalmente posti all’interno dell’abside – nonché l’ambone, integrato nella recinzione stessa. Il b. siriaco si pone dunque come struttura anche fisicamente chiusa, che esclude definitivamente i fedeli dalla visione dei passaggi della liturgia; all’interno di quest’area i celebranti siedono rivolti verso l’abside e l’altare, volgendo la schiena alla comunità raccolta alle loro spalle. Le motivazioni liturgiche di questa variante dispositiva degli elementi, così come delle dimensioni spesso assai rilevanti del b. rispetto a quelle delle parti della chiesa riservate ai fedeli, sono ancora poco chiare e vanno con ogni probabilità ricercate in particolari varianti liturgiche praticate nell’area siriaca fino all’invasione araba della metà del 7° secolo.

Bibl.: J. Lassus, Sanctuaires chrétiens de Syrie, Paris 1947; J. Dauvillier, L’ambon ou bêma dans les textes de l’église chaldéenne et de l’église syrienne au Moyen Age, CahA 6, 1952, pp. 11-30; A.K. Orlandos, ῾Η ξυλόστεγοϚ παλαιοχϱιστιανιϰή Βασιλιϰὴ τῆϚ μεσογειανῆϚ λεϰάνηϚ [La basilica paleocristiana con copertura in legno nel bacino mediterraneo], II, Athinai 1954; P. Testini, Archeologia cristiana. Nozioni generali dalle origini alla fine del sec. VI, Roma 1958 (Bari 19802, pp. 578-595); J. Jarry, L’ambon dans la liturgie primitive de l’église, Syria 40, 1963, pp. 147-162; R.G. Coquin, Le “Bêma” des églises syriennes, L’Orient Syrien 10, 1965, pp. 443-474; R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture (The Pelican History of Art, 24), Harmondsworth 1965 (1986⁴; trad. it. Architettura paleocristiana e bizantina, Torino 1986), pp. 62, 76, 359; C. Delvoye, s.v. Bema, in RbK, I, 1966, coll. 583-589; D. Hickley, The Ambo in Early Liturgical Planning. A Study with Special References to the Significance of the Syrian Bema, Heythrop Journal 7, 1966, pp. 407-427; C. Delvoye, Les caractéristiques de l’architecture paléobyzantine, CARB 14, 1967, pp. 85-104; E.R. Hambye, Les chrétiens syromalabars et le “bêma”, L’Orient Syrien 12, 1967, pp. 83-107; G. Valentini, G. Caronia, Domus ecclesiae. L’edificio sacro cristiano. Morfologia, funzioni, espressione, Bologna 1969, pp. 516, 528, 544; T.F. Mathews, The Early Churches of Constantinople. Architecture and Liturgy, Univ. Park-London 1971, pp. 109-110; J.P. Sodini, Les dispositifs liturgiques des basiliques paléochretiénnes en Grèce et dans les Balkans, CARB 31, 1984, pp. 441-473; G. Tchalenko, Églises syriennes à bêma, (Institut Français d’Archéologie du Proche-Orient, Bibliothèque Archéologique et Historique, 105), 2 voll., Paris 1990.E. Zanini

Fonte: https://www.treccani.it/enciclopedia/bema_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/



Categorie:H04- Arte e Architettura bizantina - Byzantine Art and Architecture

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