
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, che fu evidente con l’arrivo delle insegne imperiali di Romolo Augusto a Costantinopoli, il mosaico conobbe le sue espressioni più fulgide. Dal VI secolo i favolosi mosaici bizantini arrivarono anche in Italia, grazie alla riconquista ordinata da Giustiniano I, e capeggiata dal miglior generale di quei tempi, il generalissimo Belisario, per poi lasciare il posto al suo rivale Narsete. Nel 540 Belisario entrò trionfante a Ravenna, la vecchia capitale dell’Impero Romano d’Occidente, e la popolazione che si sentiva liberata festeggiò e decise che sarebbe stata decorata una chiesa per commemorare la vittoria dei bizantini sui goti: la basilica, iniziata già da Teodorico, fu chiamata San Vitale, decorata con sfarzosi mosaici, tra i quali i famosi riquadri che rappresentano da una parte Giustiniano, considerato il salvatore dell’Impero Romano, insieme a tutta la sua corte; dall’altra Teodora insieme alla sua corte. Vengono rappresentate anche scene tratte dalla Bibbia, riguardanti storie dell’Antico Testamento.
I mosaici che ornano le pareti delle basiliche delle due città imperiali, Ravenna e Costantinopoli, costituiti di tessere vetrose (smalti) e oro zecchino sono di una bellezza impareggiabile; l’impronta bizantina si distingue molto facilmente, le figure sono ferme, immobili, non hanno il senso del movimento, e non hanno un vero e proprio appoggio per i piedi, tanto che i personaggi sembrano galleggiare sullo sfondo dorato, simbolo della luce di Dio. In seguito, la figura di Teodora sarà presa come modello per la Madonna, che da ora fino al romanico e parte del gotico sarà vestita come un’imperatrice bizantina (basilissa).
Il re ostrogoto Teodorico fece costruire la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo nella sua capitale, Ravenna, facendosi ritrarre in uno dei mosaici che la decorano. Nel 540, però, quando i bizantini conquistarono la vecchia capitale dei romani d’Occidente, i mosaici raffiguranti personaggi di fede cristiana ariana, qual era Teodorico, vennero sostituiti con panneggi mosaicati: restano, tuttavia, alcuni frammenti delle decorazioni precedenti, in particolare sulle colonne. Sulla parete nord della navata troviamo la processione delle vergini, vestite di una lunga tunica drappeggiata che scende fino ai piedi, mentre sulla parete sud, è raffigurata la processione dei martiri, vestiti di bianco.
Sempre a Ravenna fu costruita Sant’Apollinare in Classe, consacrata nel 549: l’abside della chiesa è interamente mosaicato. La zona inferiore presenta alle estremità le raffigurazioni di due città che hanno le mura adorne di pietre preziose: sono Gerusalemme e Betlemme, dalle quali escono i dodici apostoli sotto l’aspetto di agnelli. Nei rinfianchi dell’arco vi sono due palme, che nella letteratura biblica sono emblema del giusto. Sotto a queste si trovano le figure degli arcangeli Michele e Gabriele, con il busto di San Matteo e di un altro santo non chiaramente identificato.Sant’Apollinare in Classe, volta dell’abside
Tutta la decorazione del catino absidale risale circa alla metà del VI secolo e si può dividere in due zone:
- Nella parte superiore un grande disco racchiude un cielo stellato nel quale campeggia una croce gemmata, che reca all’incrocio dei bracci il volto di Cristo. Sopra la croce si vede una mano che esce dalle nuvole: è la mano di Dio. Ai lati del disco vi sono le figure di Elia e Mosè. I tre agnelli, che si trovano spostati un po’ verso il basso, proprio all’inizio della zona verde, con il muso rivolto verso la croce gemmata, simboleggiano gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni: siamo chiaramente di fronte alla rappresentazione della Trasfigurazione.
- Nella zona più bassa si allarga una verde valle fiorita, dove ci sono rocce, cespugli, piante e uccelli. Al centro si erge solenne la figura di sant’Apollinare, primo vescovo di Ravenna, con le braccia aperte in atteggiamento di orante: è ritratto, infatti, nel momento di innalzare le sue preghiere a Dio perché conceda la grazia ai fedeli affidati alla sua cura, i quali sono qui rappresentati da dodici agnelli bianchi.
Negli spazi tra le finestre sono rappresentati quattro vescovi, fondatori delle principali basiliche ravennati: Ursicino, Orso, Severo ed Ecclesio, vestiti in abito sacerdotale e recanti un libro in mano. Ai lati dell’abside si trovano due pannelli del VII secolo: quello di sinistra, molto rimaneggiato, riproduce l’imperatore di Bisanzio, Costantino IV, mentre conferisce i privilegi per la Chiesa ravennate a Reparato, un inviato dell’arcivescovo Mauro. Nel pannello di destra sono rappresentati Abramo, Abele e Melchisedec attorno ad un altare mentre offrono un sacrificio al Signore.
Sempre a Ravenna mirabili sono i mosaici bizantini del Battistero Neoniano e del Battistero degli Ariani. I mosaici del Mausoleo di Galla Placidia sono opera di artisti di area ellenico-romana.
Appartengono al VI secolo i mosaici bizantini della Basilica Eufrasiana di Parenzo in Istria.
Ad Aquileia, nella basilica patriarcale di Santa Maria Assunta, si è conservato uno straordinario pavimento a mosaico paleocristiano di inizio del IV secolo, in uno stato di conservazione eccezionale sia per ampiezza, che per completezza delle scene e interesse iconografico, con scene dell’Antico Testamento, che è particolarmente interessante perché, se nella contemporanea pittura nelle catacombe a Roma si iniziava ad assistere a una semplificazione dello stile usato, a fronte di una maggior immediatezza della raffigurazione e un marcato simbolismo, ad Aquileia si notano ancora uno stile naturalistico di matrice ellenistica, sebbene già pienamente adeguato alla nuova simbologia cristiana.Basilica patriarcale di Santa Maria Assunta – Storie di Giona – Giona gettato sulla spiaggia dal mostro marino in sembianze di pistrice.
Si nota quindi il “pesce”, Ichthys in greco, acronimo di “Iesùs Cristòs Theoù Uiòs Sotèr” (“Gesù Cristo Salvatore figlio di Dio”), le storie di Giona, esempio dell’Antico Testamento allusivo alla morte e resurrezione in tre giorni, il buon pastore, la lotta tra il gallo e la tartaruga, eccetera. Il gallo, che canta all’alba al sorgere del sole, è ritenuto simbolo della luce di Cristo. La tartaruga è simbolo del male, del peccato a causa dell’etimologia del termine che è dal greco “tartarukos”, “abitante del Tartaro“. Recenti studi hanno evidenziato che molti simboli presenti sui mosaici sono attribuibili allo gnosticismo ed alla sua cosmologia. Una comunità di cristiani gnostici era presente in Aquileia nei primi secoli dell’era cristiana. Frequente è anche la raffigurazione musiva del nodo di Salomone.
Un caso particolare è la basilica di Santa Sofia (Hagia Sophia) di Istanbul: costruita nel VI secolo da Giustiniano I sopra le rovine di altre chiese precedenti, venne decorata inizialmente con motivi geometrici e floreali. Fu arricchita, dopo il periodo iconoclasta, con immagini figurative, di cui restano Cristo in trono, la Madonna in trono col Bambino, l’arcangelo Michele, l’imperatore Leone VI il Saggio e i Padri della Chiesa. Nel XV secolo i musulmani invasero Costantinopoli e trasformarono la basilica in moschea, scialbando tutti i mosaici: solo nel 1935, quando la chiesa venne trasformata in museo, vennero riportati alla luce. Sempre ad Istanbul molto rilevanti e pregevoli sono i mosaici della Chiesa di San Salvatore in Chora.
Molto importanti sono i mosaici dei seguenti monasteri in Grecia: monastero di Ossios Loukas, monastero di Daphni, monastero di Nea Moni.
A Roma sono molto importanti i mosaici tardo antichi e bizantini del Mausoleo di Santa Costanza, della Basilica di Santa Pudenziana, della Basilica dei Santi Cosma e Damiano, della Basilica di Sant’Agnese fuori le mura e della Basilica di Santa Prassede. A Milano sono preziosi i mosaici del Sacello di San Vittore in ciel d’oro nella Basilica di Sant’Ambrogio e quelli della Cappella di Sant’Aquilino nella Basilica di San Lorenzo.

Il mosaico nel Medioevo

Nell’arte romanica il mosaico non ha ruolo dominante per motivi economici e gli si preferisce l’affresco. Le decorazioni sono comunque influenzate dall’arte bizantina, soprattutto per quanto riguarda i rivestimenti musivi. È interessante l’introduzione di vetri meno scintillanti per giocare con le variazioni luminose prodotte dall’alternarsi di elementi più o meno lucidi. Accanto ai frammenti di vetro, venivano impiegati pietre colorate, la malachite per tessere verdi, il lapislazzuli per i blu, marmo o madreperla per i grigi e i bianchi, pietre naturali per gli incarnati.
Le maggiori committenze sono di provenienza ecclesiastica.
Il mosaico, però, è per lo più pavimentale e vive il suo apice nel XII secolo: tuttavia, già nel secolo successivo si preferiscono le più economiche mattonelle di ceramica smaltata. Vengono utilizzati materiali lapidei locali, in tre colori: bianco, nero e rosso; è molto diffuso il reimpiego di antichi frammenti o di tessere di mosaici già esistenti, come nella chiesa dei Santi Maria e Donato a Murano, dove le grandi lastre di pietra del pavimento sono frammenti di sarcofagi, e a Roma, dove i pavimenti cosmateschi, che riprendono l’opus sectile, hanno dischi di porfido o marmo tagliati da colonne.
Per i costi elevati di realizzazione, il mosaico ricopriva una superficie molto ridotta: nelle chiese si trovava solo vicino all’altare, talvolta anche in coro e transetto.
I soggetti preferiti sono episodi della Bibbia, come il Peccato originale, Giona e Sansone; allegorie per spiegare ai fedeli concetti astratti; favole e gesta cavalleresche, che alludono comunque alla vittoria di Cristo sul peccato e la morte e alla lotta contro il male e che incitano il cristiano a difendere la fede anche con le armi. Si assiste anche al recupero della mitologia classica, come exemplum morale della cultura cristiana: Teseo e il Minotauro rappresentano Davide e Golia.
Si diffondono anche rappresentazioni di esseri bizzarri e mostruosi, tratti da fonti letterarie antiche, come il Grifone, il Drago, il Centauro, la Chimera.Cattedrale di San Cataldo (Taranto) – Mosaico pavimentale di Petroio di Taranto allievo di Pantaleone
Il più noto mosaico pavimentale di questo periodo è quello della cattedrale di Otranto, risalente al 1163–1165 e raffigurante l’Albero della vita, realizzato nell’arco di due anni dal monaco Pantaleone. Raffigura scene bibliche, animali mostruosi e personaggi dell’antichità. Si suppone che contenga in esso messaggi di difficile, se non addirittura impossibile, decifratura. Sull’argomento sono stati scritti numerosi testi da parte di studiosi di tutto il mondo.

I tempi d’oro del mosaico in Sicilia furono l’età del Regno normanno nel XII secolo. Le maestranze greche che lavoravano in Sicilia avevano sviluppato il loro proprio stile, che mostra l’influenza delle tendenze artistiche dell’Islam e dell’Europa occidentale.
Gli esempi migliori dell’arte siciliana del mosaico sono la Cappella Palatina di Ruggero II, la Chiesa della Martorana a Palermo e le cattedrali di Cefalù e di Monreale.
La Cappella Palatina mostra chiaramente il mescolamento degli stili orientali ed occidentali. La cupola (1142-42) e l’estremità orientale della chiesa (1143-1154) sono state decorate con il tipico stile Bizantino dei mosaici: il Cristo Pantocratore, angeli, scene dalla vita di Cristo. Anche le iscrizioni sono scritte in greco. Le scene narrative della navata (dal Vecchio Testamento, vite dei Santi Pietro e Paolo) richiamano i mosaici dell’antica Basilica di Pietro e Paolo a Roma (iscrizioni latine, 1154-66).
La chiesa della Martorana (decorata intorno 1143) sembra ancor più bizantina anche se le parti più importanti sono state successivamente demolite. Il mosaico è molto simile a quello della Cappella Palatina con Cristo in trono al centro e quattro angeli. Le iscrizioni greche, i modelli decorativi, gli evangelisti sono eseguiti probabilmente dagli stessi maestri greci che hanno lavorato nella Cappella Palatina.
Il mosaico che raffigura Ruggero II di Sicilia, vestito in abiti imperiali bizantini, mentre riceve la corona dalle mani di Cristo, era originalmente nel nartece demolito insieme ad un altro pannello, il Theotókos con Georgios di Antiochia, il fondatore della chiesa.Cattedrale di Cefalù (Cefalù) – Cristo Pantocratore del catino absidale
A Cefalù (1148) soltanto il presbiterio gotico alto e francese è stato coperto di mosaici: il Pantocratore nell’abside e cherubini sulla volta. Sulle pareti possiamo vedere i santi latini e greci, con iscrizioni greche.
I mosaici del duomo di Monreale costituiscono la più grande decorazione di questo genere in Italia: coprono 0.75 ettari con tessere di pietra ed almeno di 100 milioni di vetro. Questo lavoro enorme è stato eseguito fra il 1176 e il 1186 per volere del re Guglielmo II di Sicilia. L’iconografia dei mosaici nel presbiterio è simile a Cefalù mentre le immagini nella navata sono quasi le stesse delle scene narrative nella Cappella Palatina.
Il mosaico di Martorana di Ruggero II benedetto da Cristo è stato ripetuto con la figura del re Guglielmo II anziché il suo predecessore. Un altro pannello mostra il re che offre il modello della cattedrale al Theotókos.
Secondo la prospettazione di Otto Demus le due immense figure del Pantocratore, di Cefalù e Monreale, sono una sorta di espediente cui i maestri musiviari bizantini furono “costretti” dall’assenza di cupole sia nell’una che nell’altra cattedrale normanna, a differenza di quanto non sia nella Martorana, sia nella Cappella Palatina, dove delle cupole vi sono.
Era infatti la cupola (o le più cupole) ad essere destinata, nella consuetudine iconografica costantinopolitana, a contenere la rappresentazione dei temi più sacri. L’assenza di cupole costrinse a ripiegare sul catino, il quale però, tanto a Cefalù che a Monreale, presenta una superficie assai più ampia di quella delle cupole tipiche dell’architettura bizantina dell’epoca con le quali i maestri mosaicisti erano soliti misurarsi. La necessità di riempire questo spazio insolitamente grande venne ovviata appunto con le due immense (ed inedite per dimensioni) raffigurazioni del Pantocratore. Va ricordato infine che gli Altavilla si fecero promotori anche di cicli musivi di carattere profano di cui la testimonianza di maggior rilievo giunta sino a noi si trova nella cosiddetta stanza di re Ruggero nel Palazzo dei Normanni a Palermo. Altri resti di decorazione profana si trovano nel Palazzo de La Zisa, sempre a Palermo.
La produzione sempre più vasta di piastrelle di ceramica verniciate sostituirà il mosaico pavimentale a causa del costo nettamente inferiore.
Notevolissimi sono i mosaici della Basilica di San Marco a Venezia, eseguiti a partire dall’XI secolo. Nella Laguna di Venezia rilevante è il ciclo musivo medievale della Basilica di Santa Maria Assunta (Torcello). A Trieste sono d’ispirazione costantinopolitana i bei mosaici della Cattedrale di San Giusto.
Il più grande cantiere di mosaico del Trecento è la facciata del Duomo di Orvieto, su un primo progetto di Lorenzo Maitani. Resta, però, un unico mosaico superstite, che risale al 1365, mentre gli altri sono stati restaurati: è conservato al Victoria and Albert Museum di Londra e rappresenta la nascita della Vergine.
A Roma ricca di mosaici medievali è la Basilica di Santa Maria in Trastevere, mentre un altro esempio rilevante si trova presso la Basilica di San Clemente al Laterano. A Firenze è rivestito di preziosi mosaici medievali l’interno del Battistero di San Giovanni.
A Betlemme è parzialmente rivestita di mosaici medievali bizantini la Basilica della Natività.
Fonte: Wikipedia
Categorie:H04- Arte e Architettura bizantina - Byzantine Art and Architecture
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