
Carnevale di Montescaglioso
Il panorama geo-antropico di Montescaglioso
Montescaglioso, paese in provincia di Matera che fa parte del Parco della Murgia Materana, a due passi dalla Puglia, ricade nell’area archeologica storica e naturale del Parco delle Chiese rupestri del Materano, dal 1993 Patrimonio dell’Umanità insieme ai Sassi di Matera. Intorno al canale dell’Aloe si possono ammirare quattro chiese e vari ipogei, oltre a stalle e ovili. Non si può escludere che il gruppo di chiese costituisca un insediamento monastico organizzato intorno alla chiesa centrale: il santuario della Madonna della Murgia. Ad oggi, nel canalone, sono state individuate la cripta del Canarino (IX-X secc.), la prima che si incontra giungendo a Montesacaglioso, poco distante si trova la cripta (IX-X secc.) della Scaletta dalle chiare fattezze bizantine, quindi la cripta di Sant’Andrea cui si giunge percorrendo un angusto sentiero e, appunto, il santuario Madonna della Murgia cui si accede solo attraverso una ripida scala.
L’importanza di questo comune ruota attorno all’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo (1079), il più considerevole dei quattro complessi monastici che hanno fatto guadagnare a Montescaglioso anche la definizione di “Città dei Monasteri”.
Da un punto di vista economico, ci troviamo di fronte a un paesaggio agro-pastorale che evidenzia alcune caratteristiche di montagna e altre di pianura. Appare subito evidente che Montescaglioso sia una delle “città dell’olio” lucane. Si tratta dell’olio extravergine d’oliva lucano DOP, estratto per lo più dalla spremitura dell’oliva Maiatica di Ferrandina, che ne rende delicato e fruttato il sapore, utilizzato in gran parte dei piatti tipici.
Una “notizia” antica
In mancanza di lavori specialistici di ricerca sul carnevale di Montescaglioso e quindi di uno spoglio sicuro delle fonti, facciamo momentaneamente riferimento a una notizia pubblicata sul sito “Montescaglioso.net” ( http://www.montescaglioso.net/node/16800) secondo la quale
“il controllo di un manoscritto ” Rime diverse ” di Orazio Persio ” conservato nel Fondo Gattini della Biblioteca Provinciale di Matera, ha fornito la notizia, finora più antica sul Carnevale di Montescaglioso. Nel corpo di oltre quaranta sonetti, lo scritto del foglio 35 datato da Montescaglioso al 7 Febbraio 1638 porta la seguente dedica ” Al Cavalier Stigliani per havermi persuaso a venire in Montescaglioso et in sua vece a stare alcuni giorni di Carnevale “. Nel manoscritto il Persio dedica altri sonetti oltre che allo Stigliani, a personalità materane ed ad alcuni membri della famiglia Marchesale di Montescaglioso, i Grillo. Le scarne notizie tramandate dal monoscritto oltre a documentare l’esistenza dell’evento carnacialesco nel paese già nel 1638, forse la più antica attestazione del Carnevale in Basilicata, permettono di avanzare alcuni ipotesi, magari spunto per arricchire ulteriormente la manifestazione. Nel 1638 Marchese di Montescaglioso era Niccolò Grillo che aveva ereditato il titolo dal padre Paolo. Aveva sposato Ottavia De Mari esponente di un’altra potente famiglia genovese. Nel 1638 erano viventi le figlie Maddalena e Paola. Nel 1638 in occasione del Carnevale, il Marchese deve aver invitato a Montescaglioo nei festeggiamenti della corte il Cavaliere Stigliani di fama ormai affermata, che però per motivi sconosciuti si fa sostituire dall’amico Orazio Persio che dedica al Maestro un sonetto nel quale si dichiara onorato per l’incarico affidatogli. Se gli altri sonetti dedicati ai Grillo sembrano attestare la frequentazione da parte del Persio della famiglia marchesale, il sonetto del 1638 fornisce indizi su un ” carnevale di corte “, forse ” per diletto ” delle giovani figlie del Marchese”.
Non siamo in grado di precisare se quella “notizia” si riferisca a una festa gentilizia privata oppure faccia riferimento al carnevale popolare che ci interessa documentare. Dobbiamo per il momento sospendere il giudizio.
La cultura popolare e il carnevale
Veniamo alla festa di carnevale, così come la conosciamo. Martedì 5 Febbraio (Martedì Grasso), nelle strade di Montescaglioso torna Carnevalone. Questa parola indica una figura particolare della festa, che in seguito descriveremo, ma rappresenta anche l’intera festa di carnevale. Dalle prime ore della mattina sfilano i gruppi con i campanacci e le figure tipiche del Carnevale di Montescaglioso: Carnevalone seduto su un asino, Carnevalicchio tra le braccia della Quaremma (la Quaresima), la Parca ed il cerchio del destino, il caprone a simboleggiare le forze primordiali della natura, i Campanacci per propiziare il nuovo ciclo stagionale e chiedere le offerte. Nel tardo pomeriggio e sera sfilata dei cortei nuziali di Carnevale. A sera inoltrata, il funerale di Carnevalone, mandato al rogo ed accompagnato da medici urlanti, frati gaudenti e dalla vedova disperata che a mezzanotte in punto, al suono di 40 rintocchi del campanone della Chiesa Madre annuncianti l’inizio della Quaresima, darà alla luce Carnevalicchio, bell’è pronto per l’anno successivo.
La sequenza temporale della festa
All’alba del martedi grasso a Montescaglioso ha inizio il lungo rito della vestizione che precede la sfilata. Il gruppo è strutturato in precise figure e ubbidisce a una precisa dimensione gerarchica. Apre la parca che rotea il lungo fuso tra le gambe della gente: simbolo della ruota del tempo che gira e della morte che prima o poi arriva. Guai a farsi colpire. Seguono i portatori dei campanacci più grossi, sbattuti con l’ausilio del ginocchio. La tetra figura della “Quaremma”, vestita di nero e con in braccio un neonato. La carriola con il Carnevalicchio in fasce, ove depositare le offerte in natura. La sposa di Carnevalone, più o meno sguaiata, ferma tutti e chiede offerte in natura e danaro: serviranno a fare crescere il Carnevalicchio ma in realtà a fornire materia prima per la cena e l’Ubriacatura notturna. A ruota libera e con i campanacci più piccoli, tante figure sempre suggestive in costumi ogni anno diversi. Si accetta ogni offerta: pane, finocchi, pasta, dolci, frutta, vino e salsiccia.
Chiude il corteo il vecchio e massiccio Carnevalone. Intabarrato in un mantello nero, in testa un cappellaccio, cavalca un povero asino. è conscio che nella notte schoccherà la sua ultima ora. Non parla ma accetta tutte le offerte. Sulle spalle di Carnevalone, sui fianchi o sulle chiappe dell’asino, qualche cartello con gocce di saggezza contadina condite da aspre critiche, sempre sgrammaticate (Carnevalone non ha avuto tempo per studiare), rivolte per lo più a politici e pubblici amministratori. Il governo è ladro, le tasse sono alte, il padreterno non dà pioggia, l’annata è andata male!
A fine mattinata si fa la conta degli incassi in denaro e natura. Ci si prepara alla lunga notte sacrilega che già appartiene alla Quaresima. A notte avanzata nel pieno del carnevale rocchettaro, compare il funerale di Carnevalone.
Un fila di preti e frati esaltati precede il feretro di Carnevalone portato a spalla dagli amici disperati e seguito dalla vedova allucinata che in grembo porta già Carnevalicchio. Il corteo si fa largo tra la folla e in piazza il feretro è bruciato, mentre la consorte dell’estinto partorisce Carnevalicchio. A mezzanotte in punto dal campanone della Chiesa Madre, partono 40 lugubri rintocchi che segnano l’inizio della Quaresima. Inizia la penitenza, la festa è finita, ma Carnevalicchio è già nato e pronto per la prossima annata. Nel giorno dopo, il mercoledi delle ceneri, nei vicoli già compaiono le sette figure della “Quaresima” appese ad una corda per ricordare a tutti gli obblighi del buon cristiano per la Pasqua che è vicina.
U fus’, la Parca e la cerchia del Destino

E’la figura che apre i cortei del Carnevale di Montescaglioso ed una delle presenze più straordinarie delle sfilate: ci riporta direttamente al mondo delle popolazioni indigene, greche e romane. Costituisce la personificazione giunta quasi intatta nei riti popolari della “ Parca “ romana delle “ Moire “ greche. Sono figure mitologiche che soprassiedono al destino dell’uomo ed al fato inesorabile, rappresentate come vecchie tessitrici. Sono destinate a tre funzioni diverse. La prima dipana il filo della vita e presiede alla nascita; la seconda assegna i destini stabilendo la durata della vita; la terza taglia il filo della vita nel momento predestinato. Nel Carnevale di Montescaglioso, una vecchiaccia immonda e sguaiata impersonificata da un maschio, è armata con un grande fuso agganciato a una lunga corda. Quando il corteo si ferma “ u fus’ “ è lanciato in strada. Ruota per terra agganciato alla cordicella manovrata dalla “ Parca “, disegnando un ampio cerchio intorno al quale si assiepano i passanti. Guai a farsi toccare dal fuso. La morte incombe. L’interruzione del cerchio, ovvero l’eterno ritorno dei cicli vitali, rappresenta nella memoria ancestrale delle Parche, l’interruzione del filo della vita e del destino. La presenza nel corteo di Carnevale di altre figure femminili, la “ Quaremma “ e la femmina gravida, a simboleggiare la nascita, riconduce alla memoria delle tre Parche che nel corso dello sviluppo della tradizione carnascialesca hanno poi assunto caratteri propri.
Le maschere deI suonatori di campanacci

Nella descrizione scritta del carnevale di Montescaglioso queste maschere passano spesso in secondo piano, ma per chi le ha viste in azione nel corteo sono le figure più presenti e rumorose di tutta la festa. Sbattuti da maschere coloratissime per scacciare il malanno o forse per ricordare il ritorno delle greggi e delle mandrie, i campanacci presidiano fonicamente il rito, riempiono lo spazio sonoro del loro ossessivo e incessante ritmo.
I campanacci ed il clamore, come in tutte le culture ancestrali, sono utilizzati per scacciare il male e nell’associazione tra campanacci “ maschi “ e campanelle “ femmine “ ancora una volta tornano i simboli della fertilità. L’unione dei due opposti propizierà la fertilità della terra e degli animali. I campanacci sono nelle mani di figure coloratissime contrapposte allo scuro della Quaremma. I colori rappresentano il richiamo alla gioiosità della natura che è sul punto di risvegliarsi. Compito delle maschere è sbatacchiare all’infinito i campanacci e procacciare le offerte. Il suono può essere ritmato ma anche disordinato, deve però coprire tutto e stordire il gruppo ed i passanti. L’incontro tra due diversi gruppi di mascherati deve dar luogo ad una contrapposizione infarcita da lazzi, urla ma soprattutto dal suono dei campanacci utilizzati per tentare di sopraffare l’avversario. Chiaro rimando ai conflitti e contrapposizioni nella comunità. Il gruppo dei campanacci circonda l’offerente, il commerciante, il professionista, fino a quando questi non scuce “ la donativa “. Non lasciare un’offerta a Carnevalone significa appartenere alla schiera degli avari e dei taccagni. L’ingenerosità sarà di male auspicio per il malcapitato specie se il richiedente è un bambino che farà la domanda rituale “ una cosa per Carnevalone ? “ E d’altra parte chi meglio di un bambino rappresenta la buona annata e le energie propiziatrici della natura ? Ecco perché si vedono dai balconi e dalle finestre tante vecchiette fare loro piccola offerta a Carnevalone oppure i genitori spingere i più piccoli a lasciare una monetina, un’arancia, un salsiccia, nel canestro di Carnevale.
Carnevalone

Il Carnevalone di Montescaglioso nasce soprattutto dalla cultura dei massari e dei braccianti. Anticamente i costumi erano realizzati con pelli di animali, ma la festa si è evoluta insieme al mondo contadino. Si è utilizzata la tela di canapa, di juta e poi anche la plastica dei sacchi per le sementi del grano, ora, invece, carta, cartoni, stoffe di vestiti in disuso. Il Carnevalone come la natura ricicla quasi tutto.
Carnevalicchio
La compresenza nel corteo di Carnevalone e Carnevalicchio, ovvero del condannato a morte e del nascituro che però è già nato, segnala un altro elemento di forte complessità. Le forze della natura si risvegliano; le energie della nuova vita, del nuovo anno, premono impazienti. I cicli vitali e naturali si compenetrano e si sovrappongono in un apparente disordine, il nuovo contro il vecchio, la vita contro la morte, foriero del nuovo ordine che prenderà definitivamente corpo allo scoccare della mezzanotte con il rogo di Carnevalone. Solo allora Carnevalicchio finalmente estenderà il proprio regno sul mondo degli umani che tornati savi nella Quaresima, rientreranno nel nuovo, ma sempreterno, ordine. Carnevalicchio compare contemporaneamente in più figure del corteo a simboleggiare i vari cicli vitali, dalla nascita alla morte. La “ femmina prena “ lo esibisce nel pancione come nascituro. La moglie di Carnevalone lo presente nella carriola a procacciare le offerte. A mezzanotte in punto la vedova di Carnevalone, assistita dal medico e da un fratacchione che, dopo aver condotto “ il vecchio “ al rogo, più che benedire ne maledice la rinascita, conscio della potenza animalesca e bestiale delle forze naturali, darà alla luce, platealmente sulla pubblica strada, Carnevalicchio, ristabilendo la circolarità del ciclo vitale e stagionale. Carnevalicchio è rappresentato come un bambinello in fasce. Può essere infisso su una lunga canna o su un’asta avendo tra le mani un piccolo “ kandr “ ovvero l’antico e mai dimenticato cacatoio, dal greco kanteron, (vaso), in terracotta nel quale raccogliere le offerte da finestre e balconi.
Quaremma
La Quaremma è una pupa di paglia e di stracci raffigurante una vecchia brutta e magra, abbigliata con abiti neri, con la conocchia e il fuso appesi al fianco. E’ la moglie di Carnevale o Carnevalone, ed è vestita a lutto per la moglie del marito, in alcuni centri bruciato sul rogo l’ultima domenica di Carnevale. Azione che indica alla popolazione la fine dei bagordi e l’inizio della Quaresima, tempo di digiuno e di penitenza. Alcune volte si notano, appesi, anche sette piccoli fantocci al fianco della Quaremma. Sono i figli della Quaremma e sono anche le sette settimane della Quaresima. La celebrazione della Quaresima, risale alla metà del II secolo d.C. In origine durava sei settimane ed era caratterizzata da diversi rituali che la differenziavano dalle altre festività.

Il Mercoledì delle Ceneri segnava, e segna ancora oggi, l’inizio della Quaresima (Quadragesima), periodo di quaranta giorni dedito alla moderazione, al ritiro, alla purificazione del corpo e dell’anima, che si concludeva, come oggi, il giorno di Pasqua. Proprio in riferimento a queste disposizioni ecclesiastiche sono nate alcune parole come Carnevale (dal latino carnem levare, cioè eliminare la carne) o Martedì Grasso (l’ultimo giorno di carnevale, in cui si può mangiare “di grasso”).
La nascita di Carnevalicchio

La femmina prena
Figura femminile puntualmente impersonificata da un uomo. Ha un aspetto indecente e sguaiato. Da una tunica più o meno colorata si gonfia un pancione: il futuro Carnevalicchio. Ha un viso truccato come una donna di strada e lascia intravedere un seno prosperoso. La prosperità degli attributi fisici è un’evidente rimando al propiziare il nuovo anno. Avvicina con modi lascivi i passanti chiedendo anzi imponendo l’offerta per Carnevalicchio. Allude ad una presunta moglie di Carnevale. Nella nottata sacrilega si trasformerà in vedova di Carnevale e, tra lazzi e vino darà alla luce Carnevalicchio.
La carriola
Una figura femminile, più o meno lascivia, o maschile conduce in una carriola un pupazzetto che impersona Carnevalicchio. Incede disordinatamente nel corteo bloccando i passanti e chiedendo l’offerta. Moltiplica con la ” Quaremma ” e la ” Femmina prena ” i rimandi al Carnevalicchio per il quale bisogna fare la questua e garantire una buona annata.
‘U zembr’ (il caprone)
In molti cortei di Carnevale la figura del demonio è esplicita nella presenza e nella rappresentazione. A Montescaglioso l’elemento demoniaco è rappresentato dalle infinità di corna innalzate in buon parte delle maschere armate di campanacci. Le corna sono agghindate con colori vivaci e striscioline di carta o stoffa multicolori. Ma alla rappresentazione delle forze demoniache, ovvero le forze primordiali e incontrollabili della natura, è riconducibile anche la presenza nel corteo del caprone, ovvero ‘u zembr’. E’una presenza quasi dimenticata che ogni tanto ricompare in qualche corteo. ‘U zembr esplicita la rappresentazione codificata del demonio, ovvero il caprone. Nel Carnevale ‘u zebr potrebbe impersonificare le forze elementari del ciclo vitale della natura ben rappresentate dalla vigoria sessuale del caprone che nel gregge è addetto esclusivamente alla riproduzione. La bestia è condotta da un guardiano tramite una corda. Così come per l’orso presente in altri cortei di Carnevale soprattutto nelle aree montane, l’animale può essere sospinto verso gli astanti, soprattutto se donne, ma trattenuto e controllato dal conduttore.
U zit’ e ‘a zit’

Chiaro riferimento a corteggiamento, motivi nunziali e sessuali, quindi, propiziatorio del nuovo ciclo stagionale. Le coppie sono quasi sempre impersonificate da due uomini. A Montescaglioso le due figure hanno dato luogo ad un evento autonomo e specifico: il corteo nuziale. Si svolge il pomeriggio del Martedì grasso ed è formato da coppie precedute da un organetto. Il corteo ogni tanto si ferma, si dispone in cerchio e le coppie danzano al suono della tarantella. In tutti i riti primaverili la danza ha un inequivocabile valore come propiziatrice della fertilità della terra e dell’abbondanza delle messi ulteriormente sottolineato dalla disposizione a cerchio delle coppie. L’andamento circolare della danza rimanda alle memorie più ancestrali nelle quali, il cerchio, elemento di unità, equilibrio e ciclicità, assume simbolismi sacrali o magici.
Il medico, il frate, ‘u mamon

Sono figure probabilmente di tradizione più recente. Il medico è rappresentato come un sorta di scienziato pazzo. Anche le certezze della scienza, con Carnevale non hanno senso. Segue spesso la femmina prena e la sera assiste la vedova di Carnevalone nel parto. Il frate è rappresentato con le vesti di un francescano gaudente. Accompagna il funerale di Carnevalone, consola ed assiste la vedova nel parto di Carnevalicchio. Dall’ambito ecclesiastico anche ‘ u mamon, ovvero l’incappucciato. La figura è copiata di sana pianta dai costumi che le confraternite utilizzano nella processione dei Misteri, il Venerdì Santo. Insieme al Cucibocca è figura spaventosa ed utilizzata per richiamare all’ordine i bambini. Nel Carnevale, tramandando la memoria medievale dell’accompagnamento dei condannati a morte al patibolo, porta la bara di Carnevalone o precede in corteo il feretro. Ovviamente assiste sguaiato al rogo e messa a morte di Carnevalone.
Cucibocca
Personaggio tra i più oscuri e misteriosi che gira per i vicoli del paese la notte della vigilia dell’Epifania, è l’inquietante presenza del Cucibocca di Montescaglioso. Non è chiaro se dall’Epifania la figura è transitata verso il Carnevale o viceversa. Diversamente dalle altre figure del “ Carnevale “, non urla, non strepita. Porta con una mano un lungo ago e con l’altro ‘u panar ‘ (il cesto) ove stivare le offerte. Silenziosamente minaccia i presenti con l’ago ed il gesto di cucire la bocca pretendendo così l’offerta. Cammina lentamente perché al piede porta una catena spezzata. Perciò non danza, non si agita, non si allontana molto dall’asino di Carnevalone e con il gesto di cucire la bocca ricorda anche che la Quaresima e quindi il diguno o la fame, sono ormai prossimi.
I Cucibocca si presentano come figure vestite di scuro, con indosso un mantello o vecchi cappotti, in testa un cappellaccio o un disco di canapa da frantoio, il viso incorniciato da folte barbe bianche. Al piede una catena spezzata che striscia sul selciato con un sordo rumore. Bussano alle porte e chiedono offerte in natura. In mano un canestro con una lucerna ed un lungo ago con cui minacciano di cucire la bocca ai bambini. Così come vuole la tradizione, in casa e in piazza, si consumano i nove bocconi del Cucibocca. Nella notte che precede l’Epifania il cucire la bocca segna la fine delle libagioni natalizie. L’avvicinarsi della Quaresima induce al digiuno ed alla astinenza dalla carne, per altro ancora praticate nella vigilia dell’Epifania nelle comunità iitaloalbanesi della Basilicata e della Calabria. Secondo una credenza ancora presente in molti paesi del Meridione, nella notte del 5 Gennaio, le anime dei defunti, tornano tra i vivi dal Purgatorio e si dirigono verso le case dove hanno vissuto. Il corteo sfila nella notte più profonda, invisibile ai viventi che, nel totale silenzio, si barricano in casa e lasciano un’offerta, libagioni e acqua per dissetare le anime arse dalle fiamme. Il misterioso corteo dei Cucibocca, con un fiammella in un canestro, la catena al piede che segnala la loro presenza e la richiesta del silenzio e dell’offerta, appare una rivisitazione della processione delle anime del Purgatorio. Un’altra suggestiva tradizione evoca memorie ancora più ancestrali. Nella notte che precede l’Epifania, gli animali riacquistano il dono della parola, possono predire l’immediato futuro, ma hanno anche il potere di maledire gli uomini che maltrattano le bestie ed osino origliare il loro sommesso parlare.
La vestizione dei Cucibocca
Il quadro delle figure del Carnevale di Montescaglioso in sintesi
Carnevalone
il vecchio destinato a finire sul rogo per propiziare il nuovo ciclo stagionale.
Carnevalicchio
l’anno nuovo e i riavvio del ciclo naturale. Sarà partorito durante il rogo di Carnevalone.
La Quaremma
Moglie di Carnevalone. La malannata, il digiuno, la penitenza.
‘U fus’
figura di origine greca. Tesse e regge il filo del destino e della vita.
La femmina prena
altra raffigurazione della moglie di Carnevalone. Il nuovo che preme. Chiede le offerte per Carnevalicchio.
La carriola
l’offerta chiesta per Carnevale con Carnevalicchio disteso nella carriola.
‘U zembr
Il caprone, ovvero il demonio o meglio ancora le forze primordiali della natura.
I campanacci
sbattute da maschere coloratissime per scacciare il malanno o forse per ricordare il ritorno delle greggi e delle mandrie.
Il Cucibocca
per ricordare l’imminente arrivo della Quaresima.
I cortei nuziali
(‘u zit e la zit’) il corteggiamento, lo sposalizio e le danze in cerchio. Un altro rito propiziatore della fertilità della terra.
Il medico, il frate, ‘u mamon’
i personaggi che accompagnano Carnevalone al rogo ed assistono la vedova nell’atto di partorire Carnevalicchio sulla pubblica strada.
Referenze
Molte delle foto presenti in questa pagina sono state scattate da Francesco Caputo, a cui va un nostro ringraziamento per la precisione documentaria delle immagini
Documentazione video

MUSEO VIRTUALE DELLE MASCHERE E DEL TEATRO POPOLARE
MASK VIRTUAL MUSEUM
https://museodellemaschere.org/
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Categorie:T00.02- Carnevale in Basilicata, T10.01- Maschere di Carnevale - Carnival Masks
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